STORIA

90° Anniversario del Calendimaggio di Assisi
63° Anniversario della Magnifica Parte de Sotto

Senza affondare il tema sino ai Fasti di Ovidio, o analizzare storicamente il Calendimaggio, che assomma in sè, in mirabile sintesi, elementi nordici, greci, italici e latini, basterebbe rifarsi a quanto i componenti della societas, sin dal 1469, organizzavano ad Assisi, per festeggiare il ritorno della Primavera, senza neanche scomodare il Celano, che ci riporterebbe ai tempi di Francesco di Bernardone. Anche nelle nostre campagne, il ritorno della bella stagione era salutata con particolari manifestazioni di chiaro sapore popolare. Su queste solide basi il Calendimaggio trovò una sua prima significazione nel 1926 ad opera di Arnaldo Fortini, il quale costituì la Brigata del Calendimaggio che, l’anno successivo, dette vita alla prima autentica manifestazione della festa che noi tutti conosciamo. L’8 maggio del 1927, “La voce di Assisi” riportava quanto segue: “Chi, nella notte dal 30 aprile al 1° corrente ha avuto il piacere di assistere alle annunziate serenate di calendimaggio, genialmente rievocate dal nostro Podestà Comm. Avv. Fortini quale Presidente del Comitato francescano, ha provato certamente l’impressione di vivere per brevi ore ai tempi del figlio di Pietro di Bernardone, quando Egli, negli anni della sua spensierata giovinezza, era solito andare di notte, per le vie di Assisi, insieme con la brigata degli amici, cantando e suonando allegramente… E anche oggi, nel contado di Assisi, la tradizione medioevale delle serenate d’amore, nella notte di calendimaggio, è più che mai viva e profonda. “Cantare il maggio”, dicono i nostri contadini. Alla serenata della notte passata hanno partecipato una sessantina di esecutori, tutti di Assisi, assai bene organizzati e diretti dal maestro Filippo Garagnani: solisti e coro di soprani, contralti, tenori e bassi, e accompagnamento di liuti, mandòle e chitarre… Sono state eseguite antiche serenate d’amore, prevalentemente di quattrocentisti e cinquecentisti, tratte dall’Archivio musicale di Bologna, e soprattutto di Caccini, Luca Marenzio, Orazio Vecchi, Donaudy, ecc. E la scelta è stata felicissima…Si sono particolarmente distinti: fra i cantori: le Sig.ne Padalino, Piazza e Maracchia; i Sg.ri Salvati, Michelangeli, Pizzardi e Pronti. Fra gli istrumentisti si affermarono brillantemente i fratelli De Giovanni, i quali nel suono del mandolino e della chitarra hanno rivelato una valentia non comune”. Il coro era costituito quasi del tutto dalla “Cappella Musicale” della basilica di San Francesco, sotto la direzione di padre Domenico Stella. Altra fonte di notizie sono le delibere dell’allora Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo, insediata il 20 luglio del 1929. Il 29 gennaio del 1930 la delibera del giorno recita quanto segue: “Festeggiamenti da svolgere: rievocare le serenate classiche del Calendimaggio, dando l’incarico al maestro Filippo Garagnani (già Direttore della Banda Musicale di Assisi)”. A maggio del 1931 poi, si riconferma la rievocazione del Calendimaggio e delle serenate medioevali, incaricando il Prof. Ugo Ottaviani e il Maestro Nazzareno Pizzardi per l’insegnamento del canto ai ragazzi che parteciperanno ai cori, con un contributo di 3.000 lire annue per la scuola di canto, con la garanzia di almeno dieci serenate l’anno. Lunedì 30 aprile 1933, alle ore 22.15, venne trasmessa via radio (l’EIAR di allora), a tutte le stazioni europee, “la tradizionale cerimonia per il ritorno della Primavera”, illustrata dal giornalista Luigi Bonelli (per l’occasione giunsero 24 mandolinisti da Perugia). Nel 1935 la festa venne trasmessa addirittura in diretta a tutte le stazioni d’America: il suono delle campane della basilica di San Francesco, un messaggio del Podestà Arnaldo Fortini e un repertorio ben assortito di musiche e canti. La perfetta audizione impressionò enormemente i cittadini americani ma soprattutto i nostri emigrati. L’ufficio comunale del Podestà fu invaso da lettere ed attestati di riconoscenza e tutta la stampa nazionale dette ampio risalto all’avvenimento. Dopo il 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, la festa venne soppressa, per riprendere solo nel 1947, a cura dell’Azienda di Turismo, con un programma canoro-musicale denominato “Serenate di Calendimaggio in Assisi”, che si svolse il 30 aprile: alle ore 22 in Piazza San Rufino, alle ore 23 in Via Metastasio e alle ore 24 con una trasmissione radio dalla Piazza del Comune. Nel 1950 è ancora la stessa Azienda che organizza tre esecuzioni, rispettivamente nella Piazza inferiore di San Francesco, poi a Piazza San Rufino e infine nella Piazza del Comune, servendosi dell’orchestra a plettro e del coro della Brigata del Calendimaggio, diretti dal maestro Renzo Gori.

Per quanto concerne l’edizione 1951 del Calendimaggio, è indicativa una lettera aperta inviata nel 1952 dal giornalista Aldo Calzolari ad Alfonso Falcinelli, Presidente dell’ Azienda di Turismo: “Gentilissimo sig. Professore, nonostante la sua buona volontà, nonostante il suo interessamento, nonostante il generoso stanziamento da lei effettuato di 100.000 lire, quest’anno non avremo il Calendimaggio… Ma se la manifestazione doveva essere come quella dell’anno scorso, siamo sinceri signor Professore, è meglio che sia stato così!…Perché l’anno prossimo l’Azienda di Turismo non bandisce una gara tra rioni (San Rufino, Santa Chiara, Piazza San Francesco, San Pietro, San Giacomo) per gruppi non maggiori di dodici o quindici elementi che in costume, dall’ora del coprifuoco alla mezzanotte, vaghino per la città cantando canzoni d’amore, di passione, di desiderio riempendo la città di gioiosa, spensierata giovinezza? A mezzanotte poi, una apposita commissione, da lei presieduta, dovrebbe giudicare dell’esecuzione dei canti, della fedeltà ed eleganza dei costumi, del più bravo solista, ecc.”. La proposta non si discostava molto dall’idea di Francesco Saverio Sergiacomi che avrebbe desiderato una esecuzione musicale-canora presso ogni porta della città, contro il parere dell’ amico Edmondo Fronduti (il futuro Priore al canto della Magnifica) che riteneva l’idea positiva ma d’altro canto eccessivamente ardita e di difficile realizzazione per la carenza del materiale umano esperto nel canto e nella strumentazione musicale, da scaglionare in gruppi per le otto porte della città. Inoltre è lo stesso Fronduti, in un curriculum vitae da lui stesso redatto, a ricordare come il Dott. Sergiacomi, di ritorno insieme a lui dal Palio di Siena, avesse avuto l’idea di riprendere la festa del Calendimaggio in forme nuove e più ampie: costumi antichi, cortei, gare di canto ecc. Pertanto, nello stesso anno, il Presidente dell’Azienda di Turismo Alfonso Falcinelli dette incarico alla Brigata del Calendimaggio di ritentare il rilancio della festa. Il 16 settembre il Consiglio della Brigata, riunito sotto la presidenza di Giovanna Renzi Ceccarani, affidò ad un triunvirato (Paolo Biffis, Fioravante Caldari, Francesco Saverio Sergiacomi) più Aldo Calzolari in qualità di Segretario della Brigata, il compito di creare un Calendimaggio con modalità rispondenti al mutare dei tempi. L’innovazione che mutò sostanzialmente il Calendimaggio fu quella di riproporre la divisione della città in “Parte de Sopra” e “Parte de Sotto”, che storicamente appaiono per la prima volta nelle Riformanze municipali del 1376. La formula così elaborata non trovò attuazione nel 1953, anno in cui si svolse la tradizionale edizione di una volta. Solo nel 1954, dopo due anni di accurata preparazione, la nuova formula poté concretizzarsi, in una edizione patrocinata ed organizzata dall’Amministrazione comunale, dall’Ente provinciale per il turismo, dall’Azienda di Turismo e dalla Brigata del Calendimaggio, che si avvalsero del supporto culturale garantito dall’Accademia Properziana del Subasio. La festa, limitata a due giorni, suscitò l’entusiasmo collettivo. Nacque il primo manifesto pubblicitario curato da Gustavo Francalancia, mentre Franco Meccoli disegnò il bozzetto della cartolina promozionale e Avirno Amantini il bozzetto del Palio, che fu eseguito dal Laboratorio San Francesco, istituzione ricreativa ed educativa per le figlie del popolo che, fondato nel 1902 e affidato alle suore di Sant’ Anna, curava istruzione ed educazione delle ragazze di Assisi nel campo della maglieria, del taglio e del ricamo. Parte de Sopra si riconobbe nel Priore Maggiore Antonio Fiumi Sermattei della Genga, Parte de Sotto nel Priore Maggiore Bruno Zucchi. Per il canto la Parte de Sopra si avvalse di Giuseppe Pizzardi e la Parte de Sotto di Edmondo Fronduti; per la scenografia su Franco Meccoli per i de Sopra e su Antonio Rossi e Renato Angeletti per i de Sotto. Ma il tutto era iniziato con un sorteggio: quali sarebbero stati i colori delle due Parti, Sopra e Sotto, rapportati a quelli del gonfalone comunale, rosso e azzurro? Il ROSSO, come tutti sanno, andò alla Parte de Sotto e l’AZZURRO ovviamente toccò alla Parte de Sopra, non senza un certo “disappunto” dei rappresentanti dei “de Sopra”, che avrebbero preferito, ritenendolo forse a loro più “congeniale”, il colore rosso. Ma da subito, il senso di appartenenza alla Parte, si coagulerà intorno ai rispettivi colori e ognuno, da allora, si riconoscerà in quel sorteggio del lontano 1954. E quell’anno, suona per la prima volta, ad annunciare la festa, il campanone della Torre del Popolo: squillano le chiarine, garriscono le bandiere al vento del Subasio ed ecco entrare, da Via San Rufino, l’Arme della Nobilissima Parte de Sopra: due gatti mammoni che sorreggono una torre con merli ghibellini. Dall’altro lato della Piazza, già in fermento per il precedente ingresso, tra urla di gioia, applausi e ovviamente fischi del pubblico avversario, da Via Portica fa il suo ingresso l’Arme della Magnifica Parte de Sotto: la torre, con merli ghibellini, dalla cui porta sgorga un fiume.

Da allora in poi sono state apportate via via delle modifiche, anche nei colori, agli originali stendardi di Parte, purtroppo a volte fin troppo marcate, come ad esempio per i merli ghibellini della nostra Torre, divenuti per incanto guelfi nel nuovo Statuto, pubblicato il 27 marzo del 1988, forse per un ingiustificato parallelismo tra le ben note fazioni dei guelfi e ghibellini, del tutto infondato dal punto di vista storico e che meriterebbe una trattazione a parte. Ma sarebbe potuto andare anche diversamente. Infatti il 9 gennaio del 1954, la Brigata del Calendimaggio, su proposta di un Priore dei de Sopra, Giuseppe Pizzardi, stabilì che l’ emblema della loro parte fosse una torre con due “leoni rampanti” ai lati, ricamati in oro, su fondo azzurro. In seguito però venne data la preferenza ai ben noti “gatti mammoni”, presenti su uno stemma della casa Ottaviani, in un vecchio palazzo di Via Porta Perlici, in bella mostra sulla chiave dell’arco di ingresso. L’artista Maceo Angeli prese a sua volta l’ impegno di presentare per il 13 di gennaio l’emblema della Magnifica Parte de Sotto. Probabilmente si chiese: “Se i de Sopra hanno i gatti perché noi non potremmo avere i cani?”, considerando magari anche il vecchio detto popolare su “cani e gatti” in riferimento allo spirito di contesa che da allora si sarebbe mantenuto fino ai nostri giorni. Tant’è che i de Sotto adottarono in prima battuta il “Cane Rampante” come emblema della Parte, fintanto che Bruno Zucchi, Priore della Magnifica, ebbe l’ “illuminazione”. Si ricordò che in Piazzetta Garibaldi, a pochi passi dalla sua abitazione in Via Fontebella, è situato l’antico palazzo Fiumi-Roncalli, al cui interno spicca lo stemma di famiglia: la TORRE, nella quale i de Sotto da sempre si riconoscono, e che fu presentata ufficialmente il 3 marzo nella sede dell’ Azienda Autonoma del Turismo di Assisi, luogo di riunione della Brigata del Calendimaggio. Fu così, che in quella data, nacque ufficialmente la Magnifica Parte de Sotto. Il 22 febbraio intanto, il Sindaco di Assisi, d’accordo con il Presidente della Brigata del Calendimaggio Francesco Saverio Sergiacomi, aveva affidato l’incarico per la creazione dei sei bozzetti dei Terzieri (tre per Parte) a Franco Meccoli, già autore dei bozzetti per le cartoline della manifestazione. Nonostante gli inevitabili ritocchi nel corso degli anni, gli emblemi restano a tutt’oggi gli stessi.

Nobilissima Parte de Sopra:

Terziere di Porta Perlici: racchiude nel suo stemma la stilizzazione del cassero di Sant’Antonio, dominato da una torre maestosa, meglio noto come Rocchicciola, fatta edificare dal Cardinale Albornoz nel 1367.

Terziere di San Rufino: racchiude nel suo stemma la macina e la palma del martirio del primo vescovo di Assisi, annegato nel Chiascio nel 238 con una macina al collo.

Terziere di Porta Moiano: la porta trecentesca deriva il suo nome da “Mons Iani”, in quanto in epoca romana vi era un tempio dedicato a Giano, sul quale, secondo la tradizione, venne eretta la chiesa di Santa Maria Maggiore. Forse l’assonanza di Santa Maria Maggiore con l’Orsa Maggiore ha portato a raffigurare il Grande Carro dell’ Orsa con le sue sette stelle nell’ arme del Rione.

Magnifica Parte de Sotto:

Terziere di San Giacomo: il nome si ricollega al monastero di San Giacomo de murorupto, edificato nel 1088, così chiamato perché si trovava presso le mura distrutte della città. Proprio dal termine “murorupto” deriva la raffigurazione della torre “rotta” da una lancia (purtroppo non medioevale trattandosi di una specie di sergentina del 1500) che ben si addice al cassero a due piani, in parte demolito, denominato appunto Porta San Giacomo.

Terziere di San Francesco: prende il nome dalla trecentesca porta omonima che conduce alla basilica del Santo. Lo stendardo racchiude il TAU di San Francesco con tre stelle, da attribuire quest’ultime ai tre Ordini francescani.

Terziere di San Pietro: prende il nome dall’omonima porta trecentesca che conduce all’abbazia di San Pietro. Nello stemma è raffigurata una nave, attributo di San Pietro, così come le chiavi. Completa lo stemma la croce tripla o papale (San Pietro, come si sa, fu il primo papa).

Ma c’è un mistero nelle insegne dei Terzieri, e ce lo regalano i de Sopra. In un articolo di giornale del 22 febbraio 1954, laddove si annuncia l’incarico assegnato a Franco Meccoli per i bozzetti dei Rioni, vengono elencati i Terzieri delle Parti. Ebbene, la Parte de Sopra risulta così suddivisa: Sestiere di San Rufino, Sestiere di Mojano e… Sestiere del SEMENTONE, con tanto di descrizione dello stendardo: un ALBERO VERDE in campo giallo! Non abbiamo trovato altre notizie al riguardo e il mistero resta tale. Comunque, quel primo anno del nuovo Calendimaggio, vincemmo. Il punteggio definitivo fu per i de Sopra: punti 93 su 120 e per la Parte de Sotto: punti 97 su 120. E adesso è nuovamente ora di entrare in campo: e come nel lontano 1954, sfidiamo ancora una volta i Mammoni… riprendiamoci il Palio… e che vinca Sotto!

1955 – Mariola, Donata e Francesca Settembre

1954 – Il corteo sfila con il menestrello.

1954 – Il menestrello canta alle madonne.

1936 – Serenata di Calendimaggio in Via Fontebella.